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Angkor Wat
Maggio 2019
Situato nella pianura del fiume Mekong, nel cuore della Cambogia, è uno dei Templi più spettacolari del mondo, è Angkor Wat. Chiusa in un rettangolo di un chilometro e mezzo per un chilometro e 300 metri è stato uno dei primi siti dichiarati dall’UNESCO patrimonio dell'umanità. Nato come tempio Indù, nel quattrocento diventa un tempio buddista, e una cosa affascinante di Angkor Wat è che essendo stato trascurato per lungo tempo, la vegetazione è cresciuta al suo interno, e in certi casi ha avviluppato muri e statue con le sue radici. Certamente vi è capitato di vedere, qualche volta, delle foto che mostrano le strutture in pietra intrecciate con grandi radici che, come degli enormi serpenti, sembrano quasi impadronirsi del tempio e soffocarlo. È un luogo, non solo che conserva le testimonianze di grandi artisti, architetti, che lo hanno costruito, ma che ci parla di una antica civiltà, della sua storia, e dei suoi protagonisti: quelli dell'età dell'oro della Cambogia.
Oggi, attorno a tutto questo, in una grande area di 400Km quadrati di area protetta, vi abitano 120 mila persone quando, alla fine del secolo scorso fa, la popolazione era un sesto. Colpa del turismo di massa, e del suo indotto, generato dagli arrivi soprattutto internazionali, in cui la popolazione locale si è abituata ad abitare in case di fortuna senza acqua né fognature.
Il ponte principale che porta al tempio, è protetto dalle statue del leone guardiano e dal mitico Naga, serpente a sette teste protettore di Buddha.
Il tempio di Angkor Wat, entrata ovest. Il ponte, in restauro, conduce alla porta principale del tempio, mentre in fondo sono visibili parte delle cinque torri che rappresentano il mitologico Monte Meru, sacro agli indù, circondato da catene montagnose e dall'oceano. Le catene montagnose sono rappresentate dalle mura, mentre l'oceano è rappresntato dal fossato (in foto) che si riempie d'acqua.
Il Tempio è strutturato in tre livelli. Il primo livello è di 187 metri per 215. Il secondo livello è di 100 metri per 115. Il terzo livello più alto dove ci sono le cinque torri è di 60 metri per lato. La torre più alta è situata al centro, e le altre torri sono ai quattro angoli.
Al centro del bassorilievo figura Il re Suryavarman II che ordinò la costruzione del tempio funerario di Angkor Wat, attorniato da servi e danzatori che dovranno accompagnarlo in paradiso, per soddisfare ogni suo capriccio.
Angkor Wat, la storia di uno dei più imponenti templi al mondo
Angkor significa città e Wat tempio o Pagoda. E’ tanto imponente che si estende su un'area che potrebbe coprire il ponte di volo di oltre 100 portaerei. Un tempio alto due volte la torre di Londra, è una delle opere ingegneristiche più incredibili del mondo. Non solo per le dimensioni, ma anche per ciò su cui è costruito: l'acqua. Perché Angkor Wat galleggia su una palude, ed è sostenuto da fondamenta che galleggiano su una falda acquifera. Tutto questo, insieme agli splendidi bassorilievi, si devono alla volontà di un potente re che si chiamava Suryavarman II. Per alcuni studiosi, Suryavarman, era più di un semplice uomo, era un capo militare muscoloso, potente, ma anche un semidio, perchè tutti quelli che si trovano intorno a lui vengono rappresentati in ginocchio. Eppure, nonostante il suo potere supremo, ciò che lo spinge a costruire Angkor Wat, potrebbe essere la sua insicurezza, le cui ragioni vanno forse cercate nel modo in cui Suryavarman è salito al trono.
Cambogia, 1113 dopo Cristo, siamo nel cuore di un vasto Impero, in cui vive una civiltà nota come khmer che comprendeva la moderna Cambogia e il Laos. Suryavarman non è ancora re di questo Impero, ha solo 14 anni, ed è suo zio a regnare. Ma pur non essendo l'erede diretto, il giovane e ambizioso nipote, è convinto di essere predestinato a diventare re. Stando alla leggenda, il ragazzo tende un'imboscata allo zio durante un viaggio nei suoi territori. Durante la lotta, il giovane, salta sull’elefante del vecchio re e lo uccide. Vittorioso, il quattordicenne si dà un nome calzante: Suryavarman II "il re protetto dal sole". Conquistato il trono, Suryavarman si prepara a consolidare il proprio controllo sull'impero, un impero vasto e complesso, forse era a livello dell'Impero Romano, comunque un impero gigantesco. Nonostante sia l'uomo più potente del regno, Suryavarman rimane comunque un usurpatore che ha ottenuto il trono con l'omicidio, e se non vuole essere rovesciato dai nemici che si oppongono al suo potere, deve presentarsi come un re-Dio agli occhi del suo popolo. E' successo comunemente in tutto il mondo, in ogni cultura, che un re che ha un passato leggermente ambiguo, debba imporsi tramite l'architettura e l'arte, per dimostrare di essere stato scelto davvero dagli dei, ed è questo il motivo per cui ha costruito Angkor.
Varcato l'ingresso, dopo avere attraversato il ponte, ci troviamo nella zona interna al fossato e, in foto, è visibile il centro di tutto il vasto complesso.
Il progetto della costruzione del mondo divino
Dopo essersi consultato con sacerdoti e consiglieri, Suryavarman persegue un piano aggressivo: inizia scegliendo il Dio indù Vishnu come suo protettore. Questa scelta manda un messaggio forte, visto che Vishnu è la divinità invocata da altri re in tempi di guerra. Per onorare il suo protettore divino, Suryavarman II, costruirà un elaborato complesso religioso che non sarà fatto di legno come qualsiasi altro edificio Khmer, perché il legno, come l'uomo, deperisce. Suryavarman vuole che il suo capolavoro duri per l'eternità e dunque sarà costruito in pietra, ma sarà anche il tempio più grande dell'impero Khmer, Angkor Wat, un tempio divino, anche nelle proporzioni. Angkor Wat riprodurrà sulla terra il mondo degli Dei nei minimi dettagli. Per gli induisti il paradiso è situato sul Monte Meru, questo viene identificato con un luogo mitologico a nord dell'Himalaya, che comprende cinque vette dove abitano gli Dei: era questo, il paradiso che lui voleva riprodurre, e infatti al centro c'è una piattaforma templare con sopra 5 torri che si elevano per 65 metri, la struttura è chiamata il Tempio montagna, un luogo che sarà di venerazione. Ma potrebbe anche avere un altro scopo altrettanto sacro, perchè l'edificio presenta elementi contraddittori: è dedicato alla divinità indù Vishnu, ma riporta il nome che Suryavarman II assume dopo la morte, Preah Pisnulok, e il tempio è orientato verso ovest, associato a Vishnu, ma che è anche la direzione della morte. Dunque, un tempio per venerare Vishnu, ma anche un tempio funerario, dove Suryavarman dovrà essere seppellito.
L'ingresso al tempio.
Motivi e difficoltà nella costruzione del tempio degli Dei
Per realizzare questo imponente progetto, il re aveva un vasto esercito di architetti, sacerdoti e indovini, tutti pronti a costruire questo enorme complesso, cosicchè una volta morto sarebbe andato dritto in paradiso. Come le piramidi d'Egitto, il tempio deve essere completato prima della morte del re-Dio altrimenti non si sarebbe unito agli dei in cielo, una cosa inconcepibile per il re.
Ma costruire il tempio non sarà facile. La prima cosa da fare è ripulire l'area, collocata in mezzo alla foresta pluviale. Poiché la zona è enorme, circa 200 ettari, anche gli ostacoli alla costruzione del tempio sono colossali. Il sito sarà stato ricoperto di alberi con fusti che arrivano ad avere fino a metri di diametro, si parla di coriaceo legno tropicale, avranno qualche machete, magari un paio di asce, con cui farsi strada, fra un caldo soffocante, insetti e animali: sarà un'impresa titanica ripulire tutto.
La statua di Vishnu dalle otto braccia al quale, il tempio di Angkor Wat, sarebbe dedicato. E'alta 3,25 metri, è ricavata da un singolo blocco di arenaria, situata nella torre di destra. Le otto braccia di Vishnu reggono una mazza, una lancia, un disco, una conchiglia e altri oggetti. Ai piedi della statua vi sono offerte sia dai giovani che si preparano a sposarsi che dai pellegrini che ringraziano per la loro fortuna.
Gruppi di Devata nel tempio di Angkor Wat.
L'ostacolo del clima nella costruzione di Angkor Wat
Gl'ingegneri di Suryavarman hanno meno di una vita per costruirlo. E a tutt’oggi è difficile capire come abbiano fatto: il tempio è stato costruito in circa 35 anni, quando ci sono voluti fino a 2-300 anni per costruire la maggior parte delle cattedrali europee, e stiamo parlando di costruzioni considerevolmente più piccole di Angkor Wat. Certamente il clima estremo della Cambogia ha influito sul modo in cui è stato costruito Angkor: per sei mesi all’anno ci sono piogge in abbondanza e, per gli altri sei mesi, durante la stagione secca, non c'è abbastanza acqua. Inoltre le piogge variano di anno in anno, poiché il 90 percento delle precipitazioni cadono durante la stagione delle piogge, i khmer devono raccogliere, conservare, razionare l'acqua, per usarla durante la stagione secca.
Ma la soluzione è tutt'altro che semplice, gl'ingegneri Khmer, iniziano a creare un vasto sistema idraulico, e centinaia di canali interconnessi: dighe e bacini ricoprono 1500 chilometri quadrati. La rete ricorda una Venezia all'ennesima potenza, una città enorme come la città di Los Angeles, e rifornisce quasi un milione di persone, era una delle città più grandi del mondo fino alla rivoluzione industriale.
La parte centrale del primo livello contiene una grande piscina con gradini che permettevano di accedere all'acqua.
Colpi di genio ingegneristici per una struttura complessa
Costruire su questo delta paludoso è un'impresa formidabile, sono condizioni molto difficili in cui costruire, c'è una falda freatica che durante la stagione delle piogge supera il livello della terra, e anche se riusciranno a costruire delle fondamenta solide su un terreno paludoso, i monsoni, che causano alternativamente piogge e periodi di siccità, devasteranno qualunque costruzione presente sotto terra: gli spazi tra le particelle di terra si riempirebbero d'acqua man mano che la falda freatica sale con le piogge, questo sradicherebbe fondamenta e mura e, durante i periodi di siccità, la falda freatica poi si abbasserebbe asciugando il suolo e facendo sì che perda elasticità. Questa altalena di situazioni meteorologiche e di sottosuolo, potrebbe distruggere anche gli edifici più resistenti. Dunque, ci vuole un colpo di genio ingegneristico per domare le forze della natura, e invece di costruire il tempio perché sopporti l'impatto dell'acqua che avanza, decidono di sfruttare l'acqua a loro vantaggio: Angkor Wat è come una nave che galleggia su un mare di acqua sotterranea. Ma i khmer hanno un altro problema, si può galleggiare sull'acqua solo durante la stagione delle piogge, come impediranno a questa nave di pietra di affondare durante gli altri mesi?
Per rendere il tempio solido devono creare un bacino nelle vicinanze per tenere in alto la falda freatica tutto l'anno. Il meccanismo segreto che protegge tutto il tempio risiede in una delle sue caratteristiche più visibili: il fossato che circonda Angkor Wat è enorme, il perimetro esterno si estende per 5 km, ed è largo 200 metri, la sua forma caratteristica è visibile anche dallo spazio. Quando sarà completato il fossato raccoglierà il deflusso delle piogge monsoniche dal sito del tempio, minimizzando l'impennata della falda freatica durante il periodo della siccità. L'acqua assorbita dal terreno del fossato-cisterna manterrà il livello della falda freatica costante. La falda freatica tenuta così sotto controllo, costituisce le fondamenta su cui il tempio verrà costruito, consentendogli di non affondare nel fango. Un progetto di tali dimensioni richiede una complessa infrastruttura per diventare realtà, non solo architetti-sacerdoti che studiano e supervisionano il progetto, ma è necessario essere supportati da un enorme apparato burocratico, che coordina la logistica dei materiali e della forza lavoro.
Angkor Watt: la necessità di un grande apparato burocratico
Che ci fosse un grande e complesso apparato burocratico, lo si rileva dai registri che documentano il lavoro svolto, che per poter realizzare questo progetto è stato mobilitato un intero regno, coinvolgendo centinaia di migliaia di persone a lavorare stagionalmente in questa zona. La maggior parte della produzione alimentare avveniva più o meno tra i mesi di maggio e quelli di dicembre, durante il resto dell'anno c'era un elevato numero di persone disoccupate che potevano essere chiamate dai regnanti per essere coinvolte in progetti grandiosi come questo. Usando una tecnica di governo moderno, Suryavarman, utilizza i lavori pubblici per tenere la sua gente occupata nella stagione morta, così come accaduto per la costruzione di altri grandi templi, non c'era soltanto per i sudditi l'obbligo feudale di riservare al re una parte del lavoro durante l'anno, probabilmente i lavoratori erano animati anche da una motivazione più alta: la promessa di una ricompensa spirituale. I numeri sono impressionanti, si stima che per il solo fossato, lavorassero circa 5000 uomini, permettendo a Suryavarman di condurre gli scavi a un ritmo Incredibile. Gli operai dragano un milione e mezzo di metri cubi di materiale argilloso e sabbia dal sito. Una quantità sufficiente per riempire, oggi, quasi 200.000 camion. Si tratta di moltissima terra che deve finire da qualche parte, ma gli ingegneri di Suryavarman hanno già una soluzione: la sabbia sarà posta dentro le mura e servirà a formare ciascuna delle tre grandi terrazze.
Attorno al tempio quasi duemila Apsara, divinità danzanti con sembianze di ragazza, abbelliscono la pietra arenaria. Figure uniche della tradizione Khmer, queste semi dee si preparano ad accogliere Suryavarman quando Angkor Wat si trasformerà in paradiso, al momento della sua morte.
Tutto il complesso è costruito sovrapponendo pietra su pietra, senza l'uso di alcuna malta o cemento. Questo sistema era molto importante per i Khmer, perchè le pietre posate una sull'altra, con perfetta giunzione, risultavano come fossero blocchi unici di monolito, permettendo di scolpire i bassorilievi con perfezione e senza sbavature.
L'importanza della scelta dei materiali
Tuttavia, senza cemento per renderle solide o acciaio per rinforzarle, come riusciranno delle semplici mura di pietra a contenere questa montagna di sabbia, senza crollare? Dietro le superfici splendidamente intagliate, si nasconde un altro segreto di Angkor Wat: una pietra chiamata laterite. La laterite è una pietra magica, si taglia come il burro, la si plasma, e poi si indurisce come cemento, e dura per sempre. Il termine laterite viene dalla parola latina later, che significa mattone. La natura pianeggiante, le alte temperature, e le abbondanti piogge cambogiane, rendono questa zona perfetta per la formazione della laterite. L'acqua che filtra attraverso la superficie rocciosa, scioglie alcuni elementi, creando un composto fatto di ferro, alluminio e quarzo. Gli operai di Suryavarman lavorano veloci, tagliando blocchi alla meno peggio, perché la laterite si lavora meglio quando è umida, altre squadre mettono i blocchi al loro posto, e pian piano la struttura sacra, studiata dagli architetti-sacerdoti di Suryavarman inizia a prendere forma. Ma la laterite non ha un bell'aspetto, è piena di fori, e non è adatta ai delicati bassorilievi degni di un re-Dio. A Suryavarman serve una pietra regale, qualcosa che brilli alla luce del sole, che faccia risplendere gli architravi, i portali, le scale, le torri e le facciate scolpite del tempio. Per realizzare questo progetto, sceglie una soluzione: la laterite dovrà essere incastonata con l'arenaria. L'arenaria, dalla superficie sabbiosa, è perfetta per incidere bassorilievi. Purtroppo c'è un piccolo dettaglio che potrebbe frenare questo progetto: non ci sono pietre arenarie sotto il sito paludoso di Angkor Wat, e per ricoprire l'intero tempio ci vorranno milioni di tonnellate di roccia. Dove troveranno una tale abbondanza di pietra nelle pianure della Cambogia, necessarie per completare Angkor Wat? Gl'ingegneri di Suryavarman vanno a prelevarle a nord, nel luogo sacro dove ha avuto origine l'Impero Khmer: le colline di Kulen, a 30 Km. di distanza.
La grande torre centrale alta ben 65 metri.
Anche la torre centrale è ricca di bassorilievi e di apsara.
Il problema del trasporto dell'arenaria
Dalle colline di Kulen nascono le sorgenti dei fiumi, tra cui Siem Reap, che rende fertile l'enorme pianura di Angkor. Ospitano i primi templi Khmer che onorano la sacralità del posto. Il lavoro per estrarre la pietra è arduo e lungo, gli arnesi khmer sono rudimentali, gli operai usano scalpelli per incidere la pietra poi vengono inseriti i cunei di legno, che una volta imbevuti d'acqua, si espandono e staccano la pietra della parete. Dopo che alcune squadre danno forma al blocco, altre squadre specializzate nel trasporto spostano le pietre, il cui peso fa dalle 2 alle 12 tonnellate.
Gli esperti stimano che gli operai abbiamo intagliato e trasportato dai 300 ai 400 blocchi di pietra arenaria al giorno, per rispettare le ambiziose tempistiche della costruzione del tempio. Se pensate a milioni di pietre del peso di 10 tonnellate che sono state estratte e trasportate per lunghe distanze per costruire Angkor Wat, è una cosa che va al di là della normale comprensione umana. Per decenni si è cercato di comprendere come i khmer abbiano trasportato questa montagna di pietre. Facendo le ipotesi più varie, ma sono stati trovati indizi incisi sulle pietre stesse, laddove si vedono i khmer usare ponti galleggianti e zattere come mezzi di trasporto di cose e persone. Sembra probabile che gli operai abbiano caricato le pietre su chiatte o zattere che saranno state fatte galleggiare su uno dei tanti canali che portavano al sito del tempio. Le zattere venivano poi trainate da animali, forse elefanti o bufali d'acqua,. Se durante la stagione secca il livello dell'acqua dei canali fosse stato troppo basso, i khmer avrebbero potuto bloccare gli archi dei ponti stradali per creare una chiusa, e permettere il passaggio del convoglio di pietre al sito di Angkor Wat.
Un fedele prega al sacrario centrale del terzo livello.
Sistemi per la lavorazione delle pietre
Una delle domande più frequenti che ci si pone ad Angkor, è a cosa servono i buchi che si trovano in tante pietre. La risposta è che probabilmente erano progettati per inserirci un grosso piolo di legno, il legno veniva poi bagnato, quindi si gonfiava, rimanendo fissato nel foro, consentendo di legare delle corde su ciascun lato della pietra. I pioli fungono da manici e permettono agli operai di maneggiare più facilmente le pietre. Alcuni esperti suggeriscono che gli operai abbiano fatto un largo uso di ponteggi e di un primitivo sistema di paranchi, che avrà permesso loro di sollevare le pietre per poterle metterle correttamente in posizione. Nel cantiere vengono usati anche gli elefanti per spostare le pietre. Non sappiamo quante persone siano morte o cadute, non conosciamo i tassi di mortalità, ciò che sappiamo è che stavano costruendo il paradiso sulla terra, perciò erano fortemente motivati. Ogni dettaglio della costruzione deve essere perfetto, la precisione con cui questi enormi blocchi di pietra sono stati messi insieme è davvero impressionante. Le linee di contatto tra il blocco inferiore, quello superiore e quello laterale, sono perfettamente a filo, la superficie dell'intero blocco è perfetta. Gli esperti di oggi credono che i costruttori khmer siano riusciti a far combaciare questi enormi blocchi usando una tecnica nota come abrasione: la pietra arenaria ha una superficie ruvida e quando una pietra viene sfregata contro un'altra, magari con dell'acqua in mezzo, le due superfici si levigano a vicenda. Queste pietre restano in posizione grazie al perfetto appoggio, senza l'uso di alcuna malta o cemento. Per i khmer questo è molto importante, perché la malta avrebbe rovinato il perfetto punto di unione necessario per i bassorilievi. La giunzione perfetta fanno sembrare più pietre messe insieme, un monolite, un pezzo unico di pietra. La perfezione delle giunzioni è evidente negli enormi bassorilievi.
Gli esperti ritengono che la realizzazione di migliaia di questi bassorilievi abbia richiesto quasi la metà dei 35 anni che sono stati necessari per la costruzione di Angkor Wat. E' anche evidente che questa è stata l'opera di mani esperte, ed è sorprendente pensare che fossero disponibili così tanti artigiani di altissimo livello. E' una cosa che si ritrova non solo in Cambogia ma anche altrove.
Le danzatrici che il re portava con se dopo la morte, insieme a tanti altri personaggi, scolpite nel tempio di Angor Wat.
Gli splendidi bassorilievi
Difficile immaginare come, in 35 anni, si è riusciti a scolpire migliaia di bassorilievi in tutto il tempio. Come è stato organizzato tutto questo, e quanta maestranza è stata necessaria? E' probabile che i grandi artisti abbiano disegnato le figure da realizzare, mentre i giovani incisori li abbiano copiati. Le incisioni di Angkor Wat sono stupefacenti, perchè i maestri incisori riescono a dare all'immagine una incredibile profondità in una pietra così poco profonda, in due o tre centimetri c'è un primo piano un secondo e addirittura qualcuno sullo sfondo nello stesso spazio. Ma quello che vediamo oggi è molto diverso da quello di 900 anni fa. Ora le incisioni sono lucide perché sono state toccate da migliaia di mani, ma quando il re veniva, poteva ammirare i bassorilievi ricoperti d'oro. In molte pietre si notano ancora le tracce di questo abbellimento aggiuntivo.
Suryavarman non aveva bisogno solo di danzatori, ma anche di un esercito. Questo bassorilievo mostra la grande armata in marcia, stanno attraversando una densa foresta con i suoi generali sugli elefanti. C'è anche la fanteria, con i soldati fieri, eretti, e in disposizione militare. L'esercito è vitale per Suryavarman e per la prosperità del suo nuovo impero.
Il problema di sfamare gli operai
Quando usurpò la corona, Suryavarman volle estendere l'impero e ingaggia combattimenti in Vietnam e in Myanmar, arrivando presto a conquistare un territorio di 360.000 km quadrati. E' così vasto che ci vogliono centinaia di migliaia di operai per fare costruzioni e per mantenerli. Come riesce Suryavarman a sfamarli tutti? La risposta può essere trovata a circa 20 km a sud di Angkor Wat, nel lago Tonlé Sap, il lago è collegato dal fiume Tonlé Sap al Mekong, ma d’estate il volume di piogge tropicali, insieme alle acque di deflusso dell'Himalaya, spinge il fiume Tonlé Sap nel lago, inondando le foreste e quadruplicando le sue dimensioni, e quando il lago si ritira, le vaste pianure sono ricoperte di terreno fertile per coltivare il riso. I sudditi di Suryavarman fanno due, a volte anche tre raccolti di riso l'anno. Non solo Suryavarman è in grado di sfamare i suoi operai, ma c'è anche il raccolto in eccesso. Mentre gran parte del mondo pratica l'agricoltura di sussistenza, Suryavarman genera profitti per finanziare i suoi grandiosi progetti come quello di Angkor Wat, e per le guerre contro i suoi nemici. Come il Nilo è la principale risorsa del Impero egiziano, la grande pianura del Tonlé Sap alimenta la crescita del regno Khmer, e la grande città che sorge al suo centro.
La minaccia del terreno sabbioso
Una volta risolto il problema del sottosuolo e delle falde freatiche con la costruzione del fossato, e di lunghi canali d'acqua, è necessario risolvere il problema del materiale accumulato dagli immensi scavi, principalmente sabbia, sistemata al centro del tempio su cui sono state costruite le terrazze. Il cuore di sabbia, infatti, esercita una forza laterale contro le mura di laterite, e le mura di pietra arenaria incastonata. La spinta in fuori potrebbe sformare la struttura, i khmer devono trovare una soluzione, altrimenti l’intera struttura crollerà riducendosi a un cumulo di sabbia e di blocchi di pietra. Nonostante i migliori sforzi degli ingegneri di Suryavarman nel costruire Angkor Wat, la struttura è sotto costante minaccia. Per la maggior parte degli edifici in pietra bisogna procedere per tentativi. Gl'ingegneri, per individuare la soluzione, devono entrare nel sancta sanctorum del sito di Angkor Wat, una volta off limits per chiunque, a parte gli alti sacerdoti. Gli scalini sono tra i più ripidi del mondo, e deve essere stato molto duro per un anziano sacerdote o un anziano risalirli. In effetti bisogna salire con i piedi in dentro per arrivare fin su. A destra e a sinistra, però, ci sono dei grandi contrafforti e questi contrafforti reggono le forze contrarie: è la forte spinta del peso della pietra distribuita verso il basso che fa in modo che l'edificio regga. E infatti ha retto quasi 1000 anni, e quasi nello stesso periodo in cui gli architetti francesi della Cattedrale di Chartres hanno usato gli archi rampanti, gl'ingegneri khmer hanno adottato lo stesso principio: spinta bilanciata da una controspinta. Tutto questo è successo in parti opposte del globo.
Gl'ingegneri Khmer non dovevano conoscere la tecnica di costruzione degli archi, e dunque hanno usato la tecnica dell'aggetto. Consiste nel mettere un blocco e poi quello successivo leggermente in fuori, e così via, realizzando una struttura aggettante. A differenza delle strutture europee, come le cattedrali, in cui i tetti devono coprire grossi spazi, l’architettura khmer predilige corridoi e piccole sale, e questo rende la costruzione in aggetto una soluzione fattibile.
La morte di Suryavarman e il declino di Angkor
Ma Suryavarman sta invecchiando, vedrà abbastanza per vedere il suo grande progetto finito? Se così non fosse perderà l'opportunità di andare in paradiso, e i costruttori di Suryavarman fanno una corsa contro il tempo per finire il tempio prima della sua morte. Tuttavia ci sono prove che suggeriscono che non ce l'abbiano fatta, perchè ci sono bassorilievi incompleti che rivelano che il progetto non è stato terminato. Suryavarman è probabilmente morto in guerra e non è stato sepolto nel suo edificio, ma il sistema stesso che gli ha permesso di costruire Angkor Wat e la sua incredibile città idraulica, può contenere i semi della rovina dell'impero Khmer. Sistemi idrici di Angkor Wat, fatti di canali bacini e canali d'irrigazione, diventano sempre più complessi per sostenere la grande città in espansione. Ampie zone di suolo sono state ripulite per fare spazio a templi, case, e campi, permettendo alla terra di riempire i canali e bacini durante la stagione delle piogge. Con la popolazione in aumento e la deforestazione che abusava delle risorse della giungla, la massiccia ingegneria all'improvviso si trasforma in un danno irreversibile. Le cose iniziano a funzionare sempre peggio proprio per via di questa complessità: il sistema che era stato costruito brillantemente dai Khmer raggiunge il punto di rottura. E come molte altre civiltà che erano ricche e complesse, sono poi diventate un bersaglio irresistibile per altre culture vicine. Nel 1431 la città viene saccheggiata dagli invasori thailandesi, la giungla e la palude inghiottiscono case palazzi di legno, i canali vengono ostruiti da terra e alghe, la città è perduta. Ma il tempio resiste alla prova del tempo, anche se durante il XV secolo viene trasformato in un tempio buddista, e forse grazie alla sua straordinaria magnificenza, le dimensioni, la grandezza, hanno fatto sì che la gente fosse attratta a usarlo. Oggi è sotto tutela di grandi organizzazioni culturali, di fondazioni, che hanno realizzato recuperi e restauri, e in questo modo il tempio può continuare ad essere uno dei monumenti religiosi più spettacolari mai costruiti nella storia.