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Le grotte di Yungang
Le Grotte della dinastia Wei
Si può accennare, brevemente, la storia delle grotte di Yungang, che raccontano della dinastia Wei Settentrionale che fu formalmente fondata nel 386 da Tuoba Gui, passato alla storia col nome postumo di Daowu.
Sia l'imperatore Tuoba che i suoi successori Mingyuan e Taiwu furono dei conquistatori e ampliarono il proprio regno fino a riunificare tutta la Cina settentrionale. I primi due imperatori rispettavano il buddhismo, mentre col terzo, Taiwu, si assistette a un cambio di tendenza, che portò a dare inizio alla prima grande persecuzione buddhista. Un numero impressionante di templi, oggetti sacri e sutra buddhisti furono distrutti e innumerevoli monaci messi a morte. Inoltre, il buddhismo fu dichiarato fuori legge e bandito ufficialmente dal regno. Con l'avvento del successore di Taiwu, l'imperatore Wencheng (r.452-465), l'editto fu revocato e la persecuzione finalmente ebbe fine. La libertà di culto nuovamente riacquisita non fu l'unico gesto con cui Wencheng prese le distanze dalla politica del predecessore: infatti fu proprio sotto il suo regno che ebbe inizio la costruzione del complesso di Yungang.
L'ambizioso progetto architettonico fu realizzato in parte per espiare le colpe di Taiwu, che aveva oppresso per anni la comunità buddhista, ma soprattutto nell'ottica di una politica volta a servirsi del buddhismo come strumento per il rafforzamento dello stato.
Secondo la storiografia Wei, fu proprio il capo dei monaci, il buddhista Tan Yao che persuase l'Imperatore a dare inizio al progetto delle grotte, di cui fu nominato supervisore. La costruzione del complesso di grotte richiese più di sessant'anni, approssimativamente dal 460 al 524, diventando il simbolo della forte coesione fra stato e religione presso la corte Wei.
Importanti e significative sono la grotta n. 20 che è la più antica, mentre quelle n. 5 e 6 sono successive.
La grotta 20
La grotta 20 si compone di due altorilievi che si staccano dalla parete per la quasi totalità del corpo (il Buddha assiso e quello in piedi, al suo fianco sinistro) e di una fitta decorazione alle loro spalle, in parte incisa, in parte composta da bassorilievi. Di questa grotta colpiscono prevalentemente le dimensioni mastodontiche della figura centrale di Sakyamuni, alta 13,7 metri, che, con la sua statura imponente e la struttura massiccia, occupa una posizione predominante. Inoltre, il corpo di Buddha leggermente inclinato in avanti dà l’impressione che l’enorme figura stia dominando lo scenario dall’alto e guardi i fedeli che si trovano in basso.
La figura di Sakyamuni ha la duplice funzione di rappresentare anche l’imperatore, unendo, in questo modo, potere spirituale e temporale. La differenza fra le dimensioni del Buddha assiso centrale e di quello in piedi alla sua sinistra è estrema. Il motivo di questa enorme sproporzione è da ricercarsi nella relazione gerarchica che intercorre fra la figura principale e quella minore. Infatti, i Buddha in piedi (si ritiene che in questa grotta ne manchino altri tre in piedi) erano stati scolpiti appositamente perché fossero la metà di Sakyamuni, mentre i Bodhisattva dovevano essere la metà del Buddha seduto: a mano a mano che ci si allontanava dal centro, le rappresentazioni assumevano minor importanza. Il focus doveva essere sull’immagine colossale, che occupava lo spazio centrale, imponendosi con la sua monumentalità e potenza, e, per far sì che l’occhio del fedele fosse attratto da essa, le figure che la fiancheggiavano dovevano essere significativamente più piccole. Questa è una peculiarità condivisa da tutte le grotte di Tan Yao: non soltanto le figure adiacenti dovevano essere sostanzialmente minori rispetto a quella centrale, ma addirittura, la decorazione della grotta doveva essere molto semplice, lineare e non troppo appariscente. Adornare eccessivamente le pareti avrebbe distratto l’attenzione dalla predominanza della scultura monumentale e, in tal modo, sarebbe venuta meno la funzione principale dell’opera: l’esaltazione di Buddha e dell’imperatore, rappresentato proprio dall’immagine centrale.
Si ritiene che In origine, la grotta non si presentava come la si può ammirare oggi: davanti alle sculture si ergeva una parete frontale, che proteggeva l’interno, separandolo dall’esterno. Ad esso si accedeva tramite un ingresso ad arco, sormontato da una larga finestra che aveva il duplice compito di illuminare l’interno della grotta e di esibire il volto della figura centrale di Buddha a chi si trovava all’esterno della grotta. In questo modo, il fedele, poteva veder le figure soltanto da una distanza ravvicinata ed essendo le sculture mastodontiche, egli era costretto a sollevare lo sguardo per osservarle, quasi a rimarcare ulteriormente la superiorità del Buddha rispetto ad ogni altro essere e la devozione con la quale ci si doveva rivolgere a lui. Il crollo del muro frontale fece sì che l’immagine di Buddha restasse scoperta esponendo le sculture agli agenti atmosferici, che ne hanno causato l’erosione e la perdita parziale.
Il Buddha illuminato
Il Buddha illuminato, come si vede bene nella foto sopra, presenta la tipica crocchia in cima al capo, che, in un primo momento, potrebbe essere scambiata per un’acconciatura raccolta, mentre, in realtà, si tratta di una protuberanza cranica, posta sulla parte più alta della testa, che rappresenta la saggezza. Un altro segno identificativo sono i lobi delle orecchie allungati, che cadono fino a toccare le spalle, in ricordo dei pesanti gioielli portati da Sakyamuni prima che rinunciasse agli agi della sua condizione di principe. Gli occhi semichiusi e le sopracciglia allungate gli conferiscono un’aria di saggezza e contemplazione tipica della sua figura; in mezzo alle sopracciglia è possibile riscontrare l’urna: un ciuffo di peli bianchi, rappresentati come un piccolo cerchio sulla fronte che emana luce. Il collo presenta tre anelli concentrici, l’abbigliamento si compone del mantello monastico, o kasaya, all’esterno, una sottoveste all’interno, detta sengzhizhi e una sottana. Non indossa gioielli o alcun tipo di ornamento, «a testimonianza della rinuncia alla vita mondana», e i capelli sono portati corti, sempre per lo stesso motivo. Alle sue spalle si trova l’aureola di luce che simboleggia il raggiungimento dello stato di Illuminato; le mani, infine, sono atteggiate in uno dei diversi gesti mudra.
La foto sopra, mostra uno spazio vuoto alla destra della statua grande, perchè mancano altre figure, forse tre, magari di altri Bodhisattva posizionati di lato, verso la parte più esterna della grotta. Sono visibili soltanto una parte dell’aureola e, nella parte inferiore del corpo, ciò che rimane delle gambe, dei piedi e del piedistallo a forma di fiore di loto, sul quale poggiava una statua mancante. Anche le figure che sono sopravvissute nel tempo non sono comunque intatte: la parte inferiore degli altorilievi si presenta erosa e scheggiata, così come le mani e parte dell’aureola del Buddha centrale. La causa di tale problematica è da ricercarsi nel materiale nel quale è stata scavata la grotta: un tipo di arenaria molto friabile, ideale per l’incisione e la scultura, ma molto deteriorabile.
La figura del Bodhisattva, a differenza di quella del Buddha, è caratterizzata da un’acconciatura elaborata e il corpo e la testa ornati da gioielli. Il motivo di tale rappresentazione è da ricercarsi nel fatto che il Bodhisattva non essendo ancora un Buddha, perchè non colpito dall'illuminazione, è ancora legato al modo di vivere mondano del principe nel palazzo del padre. Il Bodhisattva si distingue da Sakyamuni centrale anche per la diversa postura, il differente tipo di abbigliamento e la scelta della posizione delle mani, che stavolta non fanno più il gesto della meditazione, come per la figura centrale, bensì gesto della rassicurazione con la mano destra, e il gesto del dono con la mano sinistra. La postura, con le gambe leggermente divaricate, gli abiti leggeri, i drappeggi stilizzati, le pieghe delle tuniche, raffigurate come linee sottili e concentriche, mostrano come l’arte Wei, sin dalle sue origini, abbia dato il proprio contributo personale nella rielaborazione di forme e stili già esistenti, rivisitandoli in modo originale.
La parete dietro Sakyamuni, ha numerosi fori quadrati, che un tempo ospitavano le travi in legno di una presunta impalcatura protettiva, di cui oggi non rimane traccia alcuna. Che i due personaggi della grotta n. 20 siano due Buddha non vi è il minimo dubbio, e che quello più grande e in posizione seduta sia un illuminato lo si capisce da alcune caratteristiche iconografiche che lo distinguono dal Bodhisattva (che non è un illuminato ma sulla via della illuminazione). Questi segni che costituiscono il linguaggio simbolico elaborato dall’arte indiana per alludere alla condizione spirituale dell’illuminazione, hanno lo scopo di guidare il devoto, particolare dopo particolare, lungo un cammino di conoscenza che vada al di là delle forme esteriori.
Della grotta 20 fa parte anche la più grande immagine di apsara volante (la figura femminile in alto a sinistra) dell’intero sito di Yungang. Sebbene le apsara, tradizionalmente, siano figure femminili, rappresentate come donne belle e seducenti, con forme sinuose, i capelli lunghi e il busto parzialmente scoperto, in questo caso, il bassorilievo presenta tratti fortemente androgini, somigliando, per certi versi, più a un Bodhisattva che a una apsara, per la corona e l’acconciatura. Tuttavia, non esistono esempi di Bodhisattva volanti e, sia la collocazione, sia la posa si accordano con l’iconografia dell’apsara. È possibile che si tratti di una rielaborazione, più o meno consapevole, messa in atto da parte degli artigiani Wei.
Grotta 6
Grotta 5: il Buddha è come inserito in un guscio con le pareti lavorate a fasce concentriche, e presentano sulla superficie innumerevoli motivi decorativi, fra cui le fiamme e piccole figure di Buddha e adoratori.
Le grotte n. 5 e n. 6
Rispetto alle grotte centrali, le grotte n. 5 e n. 6 sono successive e presentano uno stile scultoreo nuovo, a favore di forme più lineari, meno massicce. Si tratta di sculture più complesse, ad esempio, i drappeggi delle vesti si arricchiscono di pieghe, mostrano dettagli come le terminazioni a spina di pesce, tipiche dei vestiti cinesi; nella grotta n. 6 ritroviamo una serie di bassorilievi raffiguranti episodi della vita del Buddha terreno. Alcuni elementi stilistici presentano corrispondenze all'arte grafica. Tuttavia, le due grotte, pur essendo gemelle, la 5 è classificata come grotta con immagine monumentale, mentre la 6 è dominata al centro da un pilastro simile a una pagoda.
L’immagine di Sakyamuni della grotta n. 5, infatti, con i suoi 17 metri di altezza, è la scultura più grande dell’intero complesso di Yungang, a dimostrazione del fatto che, sebbene il gusto artistico fosse mutato, le immagini colossali occupavano ancora un ruolo importante nella cultura Wei. È seduto su di un piedistallo, le gambe incrociate nella posizione del Loto, come il Buddha monumentale della grotta 20, e le mani convergono davanti all’addome, in meditazione.
Grotta 5: il Buddha del passato, forse Dipamkara. La mano destra è sollevata all’altezza del petto e si apre nel gesto della rassicurazione, o “non temere”, che ricorda molto la postura del Buddha stante della grotta 20.
Grotta 5: statua di Maitreya, il Buddha che verrà.
Grotta 5
Il motivo principale della grotta è, ancora una volta, la rappresentazione di Buddha delle tre ere; a differenza della grotta 20, qui tutte le figure sono rimaste intatte e si possono distinguere la figura centrale di Sakyamuni, Maitreya alla sua destra e un Buddha del passato, forse Dipamkara alla sua sinistra.
Grotta 5, particolare del Buddha Maitreya
Particolare della grotta 5, decorazioni sull'arco d'ingresso.
Particolare della grotta 5, nicchie della parete meridionale, al loro interno sono ordinatamente disposti dei piccoli Buddha seduti nella medesima posizione e con la mano destra sollevata per rassicurare.
Ciò che rende veramente uniche queste due grotte è la ricchezza di rilievi e di colori che riempiono pareti e soffitti che sono costellati di sculture e incisioni elegantemente lavorate e rifinite, che rendono l’insieme estremamente armonioso. La disposizione delle decorazioni non è affidata al caso, ma segue schemi ben precisi, tali da conseguire un effetto di continuità. La struttura architettonica è più complessa e meglio articolata rispetto al periodo precedente e il risultato sono grotte più sontuose; le pareti sono ricche di una creatività che ha dell’incredibile, rendendo queste due grotte le più rappresentative del secondo periodo artistico che investì il sito. Oltre che una maggiore complessità si notano un mutato gusto estetico nelle rappresentazioni delle figure scolpite. I Buddha hanno figure più longilinee, i loro corpi sono nascosti sotto innumerevoli strati di tessuto; spariscono gli abiti aderenti, somigliando sempre più alle larghe tuniche tipiche dell’abbigliamento cinese. Questo nuovo modo di rappresentare le immagini buddhiste era sicuramente più congeniale alla nobiltà han dell’epoca e assume ancor più significato alla luce della politica di sinizzazione forzata portata avanti dagli imperatori Wei Settentrionali.
Ad ogni modo, ciò che è sorprendente è la rapidità con cui tale cambiamento ebbe luogo. Il tempo che separa le due fasi artistiche, infatti, è molto esiguo: in una decina d’anni circa, lo stile mutò radicalmente rispetto alle cinque grotte imperiali.
Grotta 6
La grotta n. 6 appartiene alla categoria con pilastro centrale ed è formata da un’anticamera e dalla stanza principale, a pianta quadrata, nel centro della quale si staglia il pilastro centrale, alto circa 15 metri, che arriva fino al soffitto. Il pilastro non si trova esattamente nel mezzo della camera, ma è leggermente arretrato per aumentare lo spazio frontale, dedicato alla venerazione da parte dei fedeli. Il pilastro che ricorda una pagoda, ha ai quattro lati delle cavità con i Buddha, ma l’intera superficie è densa di immagini curate e dettagliate, come gli esseri alati ai bordi superiori delle cavità, che danzano e suonano festanti e reggono le ghirlande dell’architrave, o le scene tratte dalle storie della vita di Sakyamuni, rappresentate sia alla destra che alla sinistra delle nicchie.
Particolare della grotta 6, Siddharta in compagnia di Vimalakirti e del Bodhisattva Manjusri in una nicchia della parete meridionale.
Sulla parete meridionale, in una nicchia sopra l’ingresso della camera principale, vi è una cavità che riproduce la stanza di una casa, all’interno della quale si svolge una scena tratta dal Sutra dell’insegnamento di Vimalakirti. Nell’opera, il Bodhisattva Manjusri va a fare visita al saggio Vimalakirti, mentre nel mezzo si erge Sakyamuni, riconoscibile dalla protuberanza sul capo, l’aureola e le altre caratteristiche tipiche del Buddha. È seduto in modo composto, le mani atteggiate in mudra, gli occhi sottili e gli abiti larghi, ricchi di pieghe. Il viso è saggio e sereno, un accenno di sorriso disegnato sulle labbra. Alla sua sinistra, Vimalakirti è seduto su un giaciglio, sul quale posa la mano sinistra, mentre nella destra regge una piuma. Indossa un cappello a punta, porta la barba lunga ed è sprovvisto dell’aureola. Nonostante si tratti di un personaggio della tradizione indiana, gli abiti che indossa sono di gusto cinese, così come la struttura dell’abitazione. Alla destra del Buddha, Manjusri è rappresentato in conformità con l’iconografia del periodo, secondo la quale il Bodhisattva indossa uno scialle ampio che scivola sulle spalle, nascondendo la parte superiore del braccio, e una gonna molto coprente che arriva fino alle caviglie. Sul capo porta una corona, la mano destra è sollevata e siede su di un giaciglio, con la gamba destra piegata verso l’esterno. La particolarità di quest’opera, oltre al fatto di rappresentare un’abitazione in una nicchia, che, già di per sé la rende innovativa, è che le figure sembrano prendere vita all’interno dello spazio scavato nella parete, con i personaggi che appaiono veramente intenti nella conversazione.
Particolare della grotta 6, splendido soffitto affrescato a sezione quadrata, che si restringe leggermente verso l’alto. La superficie è completamente dipinta e presenta dei riquadri, all’interno dei quali sono raffigurate divinità munite di molteplici braccia e teste, mentre cavalcano pavoni, leoni, tigri, uccelli dalle lunghe code e altri animali.