Foto Isola di Ventotene - "Viaggiando con me: Le mie avventure fotografiche"

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Italia > Isole pontine
Ventotene
Settembre 2018

Ventotene è quel che resta di un grande vulcano, in parte collassato in mare. Si trova nell’arcipelago delle isole ponziane, anche se geologicamente fa parte delle flegree ( Ischia, Vivara e Procida). Distando soltanto 20 miglia da Formia, è la più napoletana delle isole pontine. Selvaggia e lontana dal turismo di massa, l’isola di Ventotene è frequentata da diportisti e turisti di passaggio, in cerca di un luogo rilassante e fermo nel tempo. Interamente scolpita nel tufo è conosciuta sin dai tempi preistorici come tappa commerciale obbligata nelle rotte del Mediterraneo, denominata dai Greci "Pandoteira" (dispensatrice di ogni cosa) per la sua floridezza, l'isola fu in epoca romana prigione dorata dell'immoralissima Giulia, figlia di Augusto che, cacciata in giovane età da Roma trascorse tutta la sua vita nella Villa di Punta Eolo i cui ruderi sono ancora visibili dal mare. La Villa Imperiale è solo una delle vestigia romane presenti nell'isola: molto interessanti sono anche il Museo e l'antico Porto scavato nel tufo. L'antico porto rappresenta invece un esempio dell'ingegneria urbanistica romana. Sul molo di destra sono ancora intatte le vasche murenarie a testimonianza della grande conoscenza dei cittadini dell'Urbe in campo di piscicoltura. Ventotene, che nel dialetto campano vuol dire "vento tiene" cioè battuta dal vento offre agli amanti del mare ampie opportunità di divertimento. Da non perdere è il classico giro dell'isola in barca. Dal porto nuovo i pescatori organizzano escursioni giornaliere con i tipici gozzi di legno.
Il Pozzillo, splendido esempio di architettura neoclassica.
Di fronte al porto, venne scavata la Cala del Pozzillo, sfruttata per lo sfiato della risacca e come luogo di alaggio per le barche.
Cala Nave, di fronte all'Isola di Santo Stefano.
Cala Nave, la più bella caletta di Ventotene. Sullo sfondo l'Isola di Santo Stefano.
Numerosi scogli affiorano nell’immediata vicinanza della costa e piccolissime spiaggette si aprono nel tufo, contraddistinte dal fondo coperto da grossi ciottoli grigi.
Il Municipio in Piazza Castello.
Situato subito sopra al porto romano, il borgo borbonico è stato realizzato su tre livelli collegati tra loro da scalinate e stretti vicoli.
Il faro, costruito nel 1891, è una torre cilindrica in muratura alta 16 metri.
Resti dell’antica peschiera romana di fronte al porto.
La Chiesa di Santa Candida.
La santa patrona dell’isola è Santa Candida, alla quale è dedicata la chiesa maggiore in stile neoclassico. La leggenda racconta che nel IV secolo, durante la persecuzione dei cristiani, Cartagine venne rasa al suolo e una giovanetta di nome Candida, insieme ad altri cristiani, venne deportata a Roma, torturata e martirizzata a Ponza. Il suo corpo fu gettato in mare e ritrovato il 20 settembre nella vicina isola di Ventotene, presso la Cala del Pozzillo. Nel 1774 i Borbonici edificarono la chiesa e la intitolarono in suo onore, quale Santa Patrona dei pescatori e dei contadini.
I festeggiamenti per Santa Candida sono solenni e coinvogono tutta la popolazione. Cominciano il 10 e si concludono il 20 settembre, con una solenne processione per le vie dell’isola e il lancio di coloratissime mongolfiere di carta velina interamente dipinte a mano meglio conosciute a Ventotene come “o’pallon”, realizzate durante l’anno dai ragazzi di Ventotene e sono una sfida tra le scuole dell’isola sul pallone di carta più bello per forma, dimensione, ma anche sulla tecnica di lancio e sulle decorazioni. Suggestiva è anche la processione della Barca di Santa Candida fino al luogo in cui si narra fu ritrovato il corpo della Santa.
Il porto con i suoi delicati colori, qui a formare elementi grafici, in linee e riquadri che salgono alla chiesa.
Per gli amanti delle immersioni ci sono alcune strutture che organizzano escursioni al largo dell’isola tra branchi di saraghi e prati di posidonia di varia difficoltà, ma la più suggestiva è senza dubbio quella che vi porterà alla scoperta del relitto della Santa Lucia, una nave che nel 1943 affondò sotto i colpi dei bombardieri inglesi e che oggi fa da casa a migliaia di pesci.
Il Porto Romano.
Il porto è è il risultato di una escavazione artificiale che ha esportato il banco tufaceo di 6000 tonnellate che degradava a mare. Così si è creato un bacino profondo in media 3 metri completamente circondato dalla roccia che l'ha protetto dai marosi per secoli. Il porto era utilizzato principalmente per l'accesso delle navi medio-piccole che portavano approvvigionamenti per gli abitanti dell'isola, e assicurava i collegamenti con la terraferma.  
Al Porto Romano troverete picoli ristoranti, negozietti di prodotti locali, l’ufficio turistico e il centro visite dell’area marina protetta.
Il carcere dell'Isola di Santo Stefano.
Di fronte a Ventotene, sorge Il carcere di Santo Stefano, fu costruito sulla omonima isola per volere di Ferdinando I, Re delle Due Sicilie. L'architetto era Francesco Carpi che basò la progettazione pensando di ideare il carcere ideale in base all'idea del filosofo inglese illuminista Jeremy Bentham. E' strutturato in tre piani di archi e loggiate, fu costruito in modo che le finestre delle celle guardassero all'interno di una struttura a ferro di cavallo, con la precisa volontà di fare in modo che il carcerato fosse cosciente del costante controllo a cui era sottoposto dai carcerieri. Dunque per i carcerati erano riservati i contraccolpi psicologici aggravati dal fatto inquietante che da nessuna parte, accessibile a loro, era possibile vedere il mare. Il locale di tre piani circolari l'uno all'altro addossati, si distribuisce in 99 celle penitenziarie, che guardano solamente nell'interno della gran chiostra, e ciascuna cella è larga 1,6 m, lunga 1,70 m. I piani  ripartiscono in classi i prigionieri, sì che assegnansi per premio di esperimentata e lodevole condotta il piano superiore, e si riserva per gli irrequieti e i turbolenti il pianterreno.
Oggi è parte della Riserva Naturale Statale Isole di Santo Stefano e Ventotene.
L'imboccatura del Porto Romano.
Una delle grandi bitte scavate nel tufo dai romani, utilizzate ancora oggi, che tenevano ancorate le navi mercantili.
Ancora sulle isole ponziane
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